martedì 25 marzo 2014

Enopsichedelici guastatori a raccolto!


Pubblico l'estratto di un libro che mi sembra molto attuale, oltre che assolutamente godibile da leggere. Si tratta di un frammento del dialogo epistolare fra i due autori, pubblicato sulla rivista "Carta" nei primi anni duemila e riportato nel libro che cito in calce.

Che noia sfogliare i giornali coi loro servizi speciali sul Vinitaly, coi dossier esclusivi, elusivi, tutti uguali, ricalcati con carta marpione, xerocopiati, imperniati sui soliti vini che sfilano in passerella, sui calici piacenti, sui magnifici cento vincenti. Che palle questa melopea babbea sui vignaioli modaioli dell’haute-viticulture, che rompimento la prosopopea sulle cantine santine, sulle etichette smorfiosette fotografate come divette per calendari, sui filari ricchi come filiali della Banca Mondiale, sui Sassicaia, Gaja, Ornellaia, Lupicaia, sbandierati dai cafoni a caccia di benedizioni, esibiti dai parvenu per darsi arie da intenditori, usati addirittura in certe campagne [le chiamano così, campagne, pensa tu] pubblicitarie come testimonial subliminali per significare ricchezza, eleganza, potenza. C’è un gran proliferare di scuole di degustazione, corsi di abbinamento, sorsi di elevamento in società.

Qualche giorno fa mi sono trovato a una cena di ulivisti doc [nel senso politico], facenti parte di un club privé per diventare gourmet, sommelier, iniziati viziati, una cena in cui non si faceva che ammiccare, sbraidare, sbrodolare le proprie conoscenze. Non puoi immaginare che esibizionismo nell’annsare, che roteare di bicchieri, che schioccare di lingua, che gran toreare di commenti saccenti sui produttori emergenti, sui top del tappo, sulle hit del cappio.
Appena gli ho esposto il programma di “Terra e Libertà” e gli ho detto della necessità di un Critical Wine, di un approccio meno elitario, più identitario e rivoluzionario, li ho visti chiaramente darsi di gomito, sghignazzare, commentare ecco il solito kretino di estrema sinistra che crede ancora nei sommovimenti, nei contro incontri. Ma ormai la loro è una competenza sterile, sanno solo sottolineare le fermentazioni e non vedono i fermenti che covano nelle nostre menti, discettano di giacimenti gastronomici e svicolano sulle implicazioni sociali, si dilungano sugli affinamenti e non percepiscono le possibilità di nuovi affiliamenti, si inebriano degli invecchiamenti e gli sfuggono le derive che possono prendere i movimenti.
Consultano febbrilmente, fideisticamente, i vari gamberi rossi, gli omini michelini, i pesci rossi espressi, e entrano di diritto a far parte di una confraternita di esperti inerti. Noi non vogliamo enologi teologi, ghiottoni coglioni, né annullarci in satori per degustatori, noi abbiamo chiamato a raccolto gli enopsichedelici guastatori per cercare un terreno comune che sia immune dalla retorica bolsa della vite quotata in borsa per la gioia dei collezionisti onanisti.

"Bianco Rosso e Veronelli - Manuale per enodissidenti e gastroribelli" (Luigi Veronelli, Pablo Echaurren, 2005, Stampa Alternativa)

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