lunedì 8 agosto 2011

Roma in agosto



Una città bella da schiantare l’anima non sopravvive a lungo sotto il traffico. Non resiste alla pressione dell’ignoranza, all’assedio della prepotenza. Alla sporcizia, al rumore, al quotidiano ed instancabile ritmo delle automobili. Parcheggiate ovunque. Le persone ostaggio del caos finiscono per rintanarsi come topi, in percorsi sotterranei, in tane con finestre chiuse e porte blindate. Quante volte si vorrebbe raggiungere un punto della città ma si desiste dall’obiettivo solo perché il traffico lo impedisce? Non te ne accorgi perché si fa l’abitudine a tutto, ma non riesci a vivere la città come vorresti.

Che fine ha fatto Roma?

In agosto, invece, la città si spoglia. Oppure si veste, a seconda dei punti di vista. E l’abito che indossa è pieno del fascino di un lungo respiro dopo l’apnea. Per strada riesci a percepire suoni che ti sono negati il resto dell’anno. Campane - suonano anche negli altri mesi, ne sono certo - scandiscono le ore e fanno da sfondo a voci che si chiamano o si meravigliano. Uccelli sugli alberi del lungotevere sembrano invitare ad affacciarsi sul fiume. Senti odori non più coperti dallo smog ed è la cucina di qualche primo piano oppure la legna dei forni delle pizzerie che richiamano la tua attenzione al pari del dopobarba o il deodorante di un passante. E gli uomini e le donne riprendono possesso del territorio. Li vedi camminare per strada prima timidamente poi con impeto liberatorio. Si guardano intorno stupiti, come farebbe l’ultimo uomo sulla terra camminando tra le macerie di un mondo che si è ormai autodistrutto.

Guardo i turisti e penso a quelli di loro che arrivano per la prima volta. Cosa penseranno di questo luogo? Crederanno che sia così in ogni periodo dell’anno? Che si possa attraversare via Merulana così, senza alcun rischio? Che si possa decidere su due piedi di cenare a Trastevere di sabato sera? Che si possa andare ad un cinema qualsiasi e parcheggiare davanti alla sala, a cinque minuti dall’inizio del film?

Certo, qualche volta ad agosto fa caldo. Ma è un caldo ch’è presagio o reminiscenza di vacanze imminenti o appena concluse. Che scopre le spalle abbronzate delle donne e spinge a cenare all’aperto.

E soprattutto a Roma in agosto c’è quell’atmosfera di incontri fortuiti, di rimpatriate, di cene con un amico o un’amica rimasti casualmente in città nello stesso periodo. Un’aria di sospensione che illude, che sembra prospettare possibilità inaspettate. E c’è gente che viene a trovare altra gente e si stabilisce per un po’ a casa. E c’è la fine delle storie d’amore da annegare in qualche bar e l’inizio di un rapporto da raccontare oppure da sognare. Quanti tavolini fanno da set a corteggiamenti più o meno conclamati. La città che si spoglia o si veste accoglie tutti fra le sue pieghe morbide e calde e sembra incoraggiare il romanticismo; lo stesso che, lungi dall’esserne indifferente, qualcuno evocava tempo fa, pregandola: “Roma, nun fa’ la stupida stasera... damme ‘na mano a faje dì de’ si”.