martedì 26 gennaio 2016

Family day? Uno sberleffo è sufficiente




Il motivo per cui si sente tanto parlare di gay e di family day, questioni che hanno un impatto pressoché nullo sulla collettività, e così poco del quantitative easing o del TTIP, che invece cambiano le nostre vite, è la facilità di comprensione. Comunicare che due tizi si mettono a vivere insieme e fanno le cose zozze (scandaloooo) oppure vogliono prendere un mutuo insieme è facile. Dire che i bambini devono avere un papà e una mamma (padre e madre suona meno tenero; "papà" e "mamma" invece sono parole che ci ricordano l'amore coccoloso di cui la Bibbia è intrisa... o no?) è facile. Sono concetti che tutti capiscono senza dover approfondire: papà, mamma, famiglia, convivenza. Categorie basilari su cui chiunque può esprimere rabbiosamente la propria ortodossia.

Io penso che le categorie semplici (ma prive di impatti per la maggioranza dei cittadini) vengano date in pasto all'opinione pubblica per distoglierla dai provvedimenti più importanti, e per questo celati da una coltre di disinformazione o di silenzio. Il nostro conto in banca, il futuro dei figli, il funzionamento degli ospedali e delle scuole, la costruzione della prossima linea metropolitana non si muoveranno di un millimetro in seguito all'approvazione - o meno - di matrimoni, convivenze o adozioni tra gay e lesbiche. Lo faranno invece a causa di decisioni che riguardano l'uso del denaro. La legge di stabilità, il pareggio di bilancio, il mito della bassa inflazione, l'unità monetaria, la normativa del lavoro fissano il perimetro delle nostre esistenze eppure ne sentiamo parlare in radio, ne leggiamo sui forum o sui social in misura assai minore. So che approfondire questi temi può essere meno divertente che baloccarsi a discettare di sederi e di amori, di lenzuola di corna di matrimoni e di adozioni. Ma si dà il caso che questo disinteresse, ampiamente cercato da chi sposta gli equilibri del consenso e del dissenso, questo mancato disturbo ai manovratori faciliti l’impoverimento della maggioranza di noi a vantaggio di un’esigua minoranza (trend in aumento, come pochi sanno: http://www.oxfamitalia.org/oxfam-news/la-grande-disuguaglianza). Assistiamo con amarezza al paradosso che proprio le fasce sociali che avrebbero più interesse a spostare il discorso dalle unioni civili ai provvedimenti fiscali ed economici siano quelle che più si appassionano all’ultima invettiva oscurantista di Bagnasco.
Personalmente liquido le farneticazioni sulla famiglia biologica con una bella pernacchia e passo avanti. Gli argomenti a cui voglio dare il mio tempo, la mia passione, il mio impegno sono altri e non perché mi facciano difetto l’idealismo, l’etica e il senso della giustizia sociale ma perché siamo arrivati ad un punto in cui o spegni l’incendio o muori. Se le fiamme divampassero in casa vostra non stareste a trastullarvi su quale libro mettere nel primo scaffale della libreria o su dove sistemare il televisore; prendereste un secchio, un tubo, un estintore e cerchereste di domare il fronte del fuoco costi quel che costi. Poco importerebbe che ad aiutarvi fosse Vladimir Luxuria, Matteo Salvini o Angelo Bagnasco. Ecco, vedete. La nostra casa prende fuoco. Piantiamola di distrarci e cominciamo a guardare in faccia le cause dell’incendio. Prima le fiamme, poi si parla: per promuovere i diritti devo prima promuovere la sussistenza. Per estendere le garanzie devo prima estendere la partecipazione sociale. Che se ne fanno due gay del riconoscimento della loro coppia se poi, all’atto pratico, non riescono a metterci un tetto sopra a quella coppia? E, viceversa, quanto può essere decisivo per una coppia di fatto realizzata, socialmente attiva e gratificata, che la loro unione abbia o meno il bollino dell’Autorità? Non discuto l’opportunità dell’uguaglianza, discuto la priorità degli argomenti.

Si ricominci a diffondere il benessere sociale anziché restringerlo. Si parli dei servizi pubblici, di dove vanno i soldi delle tasse, del perché non c’è lavoro e le aziende falliscono o emigrano, del perché i Comuni non hanno soldi per mettere a posto i marciapiedi, del perché le imprese italiane migliori finiscono in mano stranera, della globalizzazione del capitale invece che del lavoro. Se si uniscono i puntini, il disegno appare più chiaro e ci si rende conto che buona parte delle questioni hanno una matrice comune. 

Riprendiamo a camminare a testa alta. Sarà spontaneo, allora, riflettere dell’opportunità di volare.