mercoledì 30 marzo 2011

Amélie



Amélie aveva una scatola, con dentro sogni e pezzi di vita. A volte la mostrava, ma dovevano essere persone speciali. A volte l’apriva e qualcuno di quei colori straordinari usciva e iniziava a cospargere le pareti bianche della stanza. Allora lei si spaventava e richiudeva subito il coperchio. La pallina poteva ruzzolare sotto il letto: e se si fosse persa?

Amélie aveva un posto, dove non entrava nessuno. C’era il suo odore forte e tutto parlava di lei. La luce era chiara e ogni oggetto una foto di momenti vissuti. Persone. Sorrisi. Rombo sfumato di parole fuggite col vento di qualche sera romana, di un sabato lontano.

Amélie aveva una musica in fondo al cuore, un ballo di pochi minuti con un bambino sconosciuto, con occhi chiari pieno di sogni smarriti, emozioni chiuse dietro una mattonella. Musica di nostalgia di una stanza in penombra.

Amélie aveva un ricordo, che si faceva ogni giorno più bianco, da stringere in pugno per trattenerlo. Un abbraccio adulto partito prima del tempo. Un bisogno di partire per cercare. Una paura di perdere. Una strada da seguire.

Amélie era mia figlia, era tutto ciò che c’era. Era mia madre che torna dopo il raccolto, alla sera. Era il profumo della scoperta e l’invenzione della gioia.

venerdì 18 marzo 2011

Il rivoluzionario è dentro di te



Provate a perdere la coincidenza di un aereo a causa di un ritardo e per questo ritrovarvi di notte nella periferia di una città straniera. Trovare da dormire in attesa di poter prendere l’aereo giusto chissà quando, tra una selva di voli cancellati e bagagli smarriti, vestiti con abiti sbagliati per le latitudini a cui siete stati sbalzati. Il mondo può non essere rassicurante come sembra tra i corridoi segnati e illuminati dell’aeroporto, non è vero?

Pensiamo di esser liberi e padroni del nostro destino mentre percorriamo, tra scale mobili e tapis roulant, il nostro sentiero tracciato ed invece siamo piccole formiche di cui viene studiato il comportamento. Si conoscono i punti di sosta prolungata dei viaggiatori, per posizionare in quel luogo il punto vendita più appropriato. Si scandagliano minuziosamente i movimenti della gente per poter massimizzare la propensione all’acquisto. Si massifica, meglio possibile, il movimento collettivo convogliando i flussi in canali obbligati. Non accade solo in aeroporto, ma in tutto ciò che facciamo. Il paradosso è che la maggior parte di noi è convinta che la libertà si trovi dentro, l’aeroporto, anziché fuori. Fuori dall’aeroporto c’è un deserto che mette a disagio, una periferia urbana/industriale sempre orrenda. E lo è perché nessuno prevede che una persona solchi quelle rotte. Semplicemente, non è previsto. Non si può uscire dal cordolo. Come nel Truman Show, potresti scoprire il trucco se arrivi ad affacciarti dietro lo sfondo di cartapesta.

Si crede che la facilità di accesso offerta dalla tecnologia, la possibilità di viaggiare e spostarsi, sposarsi e divorziare siano requisiti che definiscono la libertà di ognuno di noi. Ma fermandosi un attimo, uscendo dalla strada che è stata tracciata per noi, all’interno della quale tutto appare possibile, si può osservare una realtà diversa.

In un libro, cioè questo si affronta questo tema che mi è caro. La società contemporanea è conformista. Molto più che nei decenni scorsi. Lo è sempre di più e con sempre minor opposizione da parte dell’individuo. Sui motivi di questo dato si esprime bene Simone Perotti, travasando direttamente dal mio cervello le parole e trascrivendole in modo estremamente acuto sul libro pubblicato. Ma come siamo diventati così? C’è chi sostiene (Benjamin Barber - "Consumati. Da cittadini a clienti" - Einaudi) che il consumismo si è deteriorato quando ha smesso di soddisfare bisogni, perché essi erano stati di fatto esauriti dai decenni precedenti, ed ha cominciato a sforzarsi di determinarne di nuovi. Può darsi.

Ma come può l’individuo accettare di essere schematizzato, per pura esigenza semplificatoria, in gruppi di caratteristiche omogenee? La persona, se coincide con il cliente e viene giudicata solo da ciò che è propensa a consumare, subisce una fatale semplificazione. Provo disagio per la quantità di vincoli alla libertà individuale che viviamo oggi, illusi che sia vero esattamente il contrario.
La nostra società è basata sulla massificazione. E’ l’industria di larga scala a volerla così. E’ molto meno costoso, per chi deve organizzare l’offerta di prodotti e servizi, trovarsi di fronte una domanda prevedibile. Va ancora meglio se oltre ad esser prevedibile questa è facilmente influenzabile. Questo inquadramento non è avvenuto con violenza, ma in modo fisiologico e progressivo. E’ connaturato al capitalismo “all’americana”, che ha prevalso nei nostri paesi influenzando, com’è ovvio, anche i rapporti tra le persone oltre che i comportamenti individuali.

Alcuni esempi? Provate a regalare un vestito blu ad una bambina. Niente. Le bambine devono vestire rosa. Se invece vedete un bambino con una bambola, l’avrà certamente rubata a sua sorella: non esistono bambole, se volete fare un regalo a un maschietto potete scegliere tra l’epopea di qualche supereroe ipervirile oppure buttarvi su sport o trenini/macchinine. Amate lo sport? Non azzardatevi a pretendere di vedere in tv la vostra squadra preferita di pallavolo. Si vive bene così, perché porsi troppe domande? Con tutta la libertà che ti abbiamo fatto avere... perciò adesso, non recriminare, mettiti in fila e torna a lavorare...Vivrai in coppia, rigorosamente, che è l’unico modo per allevare i figli, in una casa ma meglio che sia di proprietà perché la sicurezza è un valore. Lo è talmente, che una delle massime svolte (in negativo) per la società è stata la fine del “posto fisso”. Una società diversa sarebbe forse stata pronta a digerirne le conseguenze. Sono ben poche le scelte che si possono prendere senza adeguarsi alle rigide sponde che sono ai lati del corso d’acqua che è la nostra esistenza. Cambiare questo schema si può, ma costa molto. Si chiamano “barriere all’uscita”. Scavalcare gli argini è possibile, ma il prezzo è molto alto. E non a tutti è consentito. Non tutti possono, non tutti sanno. Bisogna essere rivoluzionari. Non come quelli che imbracciavano il fucile, però. Rivoluzionari “dentro”.

Da “Adesso Basta” (Simone Perotti) - ed- Chiarelettere
Il rivoluzionario
Il vero rivoluzionario contemporaneo, quello che può seriamente far tremare l'establishment politico-economico, è oggi un consapevole, cocciuto, equilibrato individualista, che parte da sé, dal suo mondo, ci lavora sopra, fa di tutto per essere libero e consapevole come essere umano singolare. (Un individualista della volontà, sia chiaro, restando nel cuore un uomo sociale e in relazione). Non necessariamente compra ciò che gli si dice. Non necessariamente fa quel che dovrebbe. Usa gli strumenti come strumenti, non come fini. Costruisce una sua realtà, adatta a sé, efficiente, concreta. Così facendo, il singolo diventa eversivo. Egli interrompe in qualche punto vitale le sinapsi del consumismo e dell'assenza di senso. Il suo comportamento è individuale, cioè mosso dalla responsabilità e dalla dignità del singolo essere, dall'orgoglio di non vedersi soggiacere alla massificazione, eppure ha effetti enormi sul sistema, il suo esempio è emblematico e vale più di mille teorie sociali o programmi politici. Con conseguenze imprevedibili. Dieci, cento, mille uomini così e il potere è spacciato.


Non sono considerazioni particolarmente nuove. Bennato componeva testi invettivi sul conformismo già negli anni settanta. Quello che preoccupa è l'escalation, rispetto agli anni di Bennato, degli effetti che la massificazione ha determinato sull'arbitrio individuale. Ed ora, in attesa della rivoluzione, "in fila per tre"!


presto vieni qui ma su non fare cosi'
ma non li vedi quanti altri bambini
che sono tutti come te
che stanno in fila per tre
che sono bravi e che non piangono mai

e' il primo giorno pero'
domani ti abituerai
e ti sembrera' una cosa normale
fare la fila per tre
risponder sempre di si
e comportarti da persona civile

vi insegnero' la morale
a recitar le preghiere
e ad amar la patria e la bandiera
noi siamo un popolo di eroi
e di grandi inventori
e discendiamo dagli antichi romani

e questa stufa che c'e' e
basta appena per me
percio' smettetela di protestare
e non fate rumore
e quando arriva il direttore
tutti in piedi e battete le mani

sei gia abbastanza grande
sei gia abbastanza forte
ora faro' di te un vero uomo
t'insegnero' a sparare
t'insegnero' l'onore
t'insegnero' ad ammazzare i cattivi

e sempre in fila per tre
marciate tutti con me
e ricordatevi i libri di storia
noi siamo i buoni percio'
abbiamo sempre ragione
andiamo dritti verso la gloria

ora sei un uomo e devi cooperare
mettiti in fila senza protestare
e se fai il bravo ti faremo avere
un posto fisso e la promozione
e poi ricordati che devi conservare
l'integrita' del nucleo familiare
firma il contratto e non farti pregare
se vuoi far parte delle persone serie

ora che sei padrone delle tue azioni
ora che sai prendere le decisioni
ora che sei in grado
di fare le tue scelte
ed hai davanti a te
tutte le strade aperte

prendi la strada giusta e non sgarrare
se no poi te ne facciamo pentire
mettiti in fila e non ti allarmare
perche' ognuno avra'
la sua giusta razione
a qualche cosa devi pur rinunciare
in cambio di tutta la liberta'
che ti abbiamo fatto avere

percio' adesso non recriminare
mettiti in fila e torna a lavorare
e se poprio non trovi niente da fare
non fare la vittima
se ti devi sacrificare
perche' in nome del progesso
della nazione
in fondo in fondo puoi sempre emigrare

(edoardo bennato, 1974)